Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge mira a permettere alle Forze dell'ordine la costituzione e la gestione di un'efficiente banca dati personali per l'identificazione dei soggetti sospetti, pericolosi o che non sono in grado o rifiutano di documentare la propria identità.
      L'articolo 1 della proposta di legge in oggetto ripropone, nella sostanza, il testo già vigente del primo comma dell'articolo 4 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, specificando, tuttavia, in modo articolato, la tipologia degli interventi identificativi che l'autorità di pubblica sicurezza ha il potere di imporre al soggetto, cittadino o straniero, indipendentemente dal suo consenso.
      Si precisa, al riguardo, che i rilievi ammessi sono quelli fotosegnaletici, descrittivi, antropometrici e dattiloscopici, che sono, in buona sostanza, gli stessi compiuti oggi nell'uso comune.
      Inoltre la proposta di legge prevede la possibilità di procedere al prelievo di materiale biologico (quali i peli, il sangue, la saliva, i capelli) per fini identificativi tramite l'accertamento tecnico e l'eventuale confronto con i dati dell'ipotetico ricercato attraverso le analisi di laboratorio.
      Detto prelievo è infatti ritenuto tecnicamente «invasivo» e appare attualmente, almeno di norma, interdetto alle Forze dell'ordine, nell'ipotesi di assenza del consenso dell'interessato.
      Con la presente proposta di legge si prevede, invece, ove ritenuto essenziale o d'incisiva utilità ai fini indicati, che l'autorità di pubblica sicurezza possa procedervi anche in mancanza di consenso,

 

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previa motivazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, che potrà provvedere con atto scritto ovvero, nei casi d'urgenza, anche oralmente, ferma la necessità della pronta conferma scritta, analogamente a quanto disposto dal vigente articolo 349, comma 2, del codice di procedura penale, e in conformità all'articolo 13 della Costituzione e agli adempimenti derivanti dalla vincolante giurisprudenza della Corte costituzionale.
      È sulla base di tale direttiva di fondo che si è imposto anche l'obbligo di rispetto della dignità della persona sottoposta, senza il suo consenso, all'ispezione, e nella stessa ottica si è previsto che l'autorizzazione del magistrato sia sostenuta da un'adeguata motivazione. Tale motivazione deve evidentemente perseguire l'obiettivo di giustificare il pur limitato e momentaneo sacrificio della libertà personale con le comprovate esigenze di tutela della collettività.
      A maggior ragione si esigono l'intervento preventivo del magistrato e una più accurata, puntuale e articolata motivazione (anche in presenza del consenso) se il rilievo, ispettivo o no, invasivo o no, è ordinato cumulativamente nei confronti di più persone genericamente indicate solo per sesso, dimora, residenza, categoria professionale o nazionalità, ma concretamente individuabili, se del caso, con il richiamo anche a due o più dei citati criteri, tra le quali vi sia obiettiva ragione di supporre la presenza di uno o più soggetti sospetti o pericolosi.
      In questo caso il rischio della limitazione ingiustificata della libertà personale appare innegabile, e maggiore e puntuale deve essere il controllo del magistrato, che deve aderire alla richiesta solo se il provvedimento risulta indispensabile e pienamente giustificato da effettive, comprovate e urgenti ragioni di tutela della sicurezza della collettività che però, come l'esperienza dimostra, possono bene presentarsi nella pratica, ed eventualmente imporsi anche sull'esigenza di rispetto dei diritti di libertà dell'individuo. La praticabilità dell'operazione è perciò ammessa in un quadro di particolari garanzie e limitazioni che dovrebbero prevenire e precludere ogni abuso od eccesso ma, contemporaneamente, rendere possibile l'obiettivo perseguito.
 

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